Alfredo Corti

Alfredo Corti (1880-1973) nel 1946.

La figura del prof. Alfredo Corti, scienziato e alpinista, grande italiano, il maggiore esploratore dei monti valtellinesi e, sicuramente, anche il loro miglior descrittore, merita di essere delineata in modo adeguato.

Nasce a Tresivio da Nina Menatti e dal medico condotto Linneo Corti, il 24 Luglio 1880 e muore a Roma il 7 Luglio 1973. Laureatosi in Scienze Naturali presso l’Università di Pavia nel 1902, fu chiamato ad insegnare prima a Parma, nel 1903, e poi presso l’Istituto di Anatomia Comparata di Bologna. Nel 1924, vinta la cattedra di Anatomia Comparata della Facoltà di Scienze Naturali dell’Università di Torino, si trasferì in quella città, ove svolse la sua docenza fino al 1955.

Socio del CAI Valtellinese dal 1898, già nel 1900 iniziava una sistematica esplorazione dei gruppi montuosi che circondano la sua Valtellina, mediante un’attività di studio che continuò metodicamente e intensamente per oltre mezzo secolo. Rilevante è il numero delle vie nuove da lui aperte nei Gruppo del Bernina, del Disgrazia, dell’Adamello e nelle Alpi Orobie.

La sua attività alpinistica spaziò dalle grandi vette del Bernina fino a gruppi meno conosciuti, come i monti della Val Grosina e delle Alpi Orobie. Le sue salite sono riportate a parte, in un elenco sintetico.

Nel 1907, Corti entrò a far parte del G.L.A.S.G (Gruppo Lombardo Alpinisti Senza Guide) che, poi, confluirà nel Club Alpino Accademico Italiano e, l’anno successivo, compì un’attenta e scrupolosa visita nel massiccio dell’Ortles-Cevedale. Nel 1913, fu l’ideatore e l’organizzatore della costruzione della Capanna Marco e Rosa De Marchi alla Forcola di Cresta Güzza, appena sotto la vetta del Bernina, a 3600m di quota. Con le maestranze, superò enormi difficoltà, con immani fatiche, avversato anche tal maltempo, quasi continuo.

Le guide alpinistiche

Il frutto dei suoi studi e delle sue ricerche si trova pubblicato con nitidi scritti, illustrati da sue belle fotografie. Tra il 1903 e il 1960, i suoi articoli alpinistici pubblicati sulla Rivista Mensile del CAI sono una ventina, oltre ad alcuni di carattere più scientifico (flora, fauna, ghiacciai) e ad altri, pure alpinistici, su bollettini e pubblicazioni sezionali.

Corti fu anche un grande compilatore di guide, con lo scopo di far conoscere le zone che frequentava. Nel 1909, con Walter Laeng, dava alle stampe la “Guida delle Alpi di Val Grosina”, la sua prima opera a carattere alpinistico; lavoro breve, ma accurato e preciso, edito dal «Gruppo Lombardo Alpinistico Senza Guide» (G.L.A.S.G.). Poco dopo, nel 1911, fu scelto quale autore della «Guida delle Alpi Retiche Occidentali», una pietra miliare nelle pubblicazioni dei CAI, nella quale la parte più importante, il Gruppo dei Bernina, è opera sua e resta tuttora uno studio fondamentale per tutti i successivi lavori italiani e stranieri.

Negli anni 30 del 900 curò, infine, l’edizione della Guida delle Alpi Orobie, per la prestigiosa collana Guida dei Monti d’Italia del CAI-TCI. Tale opera purtroppo, per varie cause non dipendenti dall’autore, vide la luce molti anni dopo, risultando ormai obsoleta, soprattutto nello stile descrittivo e nella valutazione tecnica delle ascensioni. Resta però un caposaldo in quanto ancor oggi è l’unica opera che descrive capillarmente questa importante catena montuosa.

Il suo alpinismo

Legato alla grande tradizione alpinistica ottocentesca, dopo il primo conflitto mondiale, con l’avanzare dell’età, il professore cominciò ad avvalersi di Guide alpine per le sue ascensioni, che si svolgevano su terreni sempre più difficili. Nel 1917, con la guida Ignazio Dell’Andrino, ad esempio, scalò in prima assoluta la lunga cresta est-nord-est del Pizzo Ventina. Legato a questa ascensione è l’episodio della scoperta di una nuova specie di dittero che il grande alpinista fece verso i 3000 metri. Il professor Bezzi, che studiò il piccolo insetto, volle legare ad esso il nome dell’amico e collega che l’aveva scoperto, chiamandolo “Alfredia acrobata”.

Fra il 1920 e il 1930, il Corti rivolse fra l’altro le sue attenzioni alle alte pareti meridionali del Bernina e del Sottogruppo Sella-Glüschaint. E’ di questo periodo la prima ascensione alla parete Sud del Monte Rosso Scerscen, compiuta con Augusto Bonola e la guida Cesare Folatti, l’11 agosto 1928. Per molti anni, questa sarà la più difficile scalata su roccia del massiccio e ancor oggi è una severa ascensione, se si tiene conto che una volta in vetta si deve ancora traversare verso il Bernina per poi scendere alla Capanna Marco e Rosa: traversata lunga e complessa su terreno misto d’alta quota.

Meno nota, ma grandiosa e innovativa per concezione, è l’impresa che compì con il figlio Nello, traversando sul filo di cresta tutto il massiccio Ortles-Cevedale, dal Passo dello Stelvio al Passo del Gavia: una trentina di vette, salite in cinque giornate, con l’aggiunta dell'Ortles, che è fuori linea; ma i due lo salgono comunque per la grandiosa Marletgrat.

Appassionato della conca di Chiareggio, ove amava trascorrere parte delle vacanze, lo scienziato si dedicò moltissimo anche all’esplorazione e alla descrizione del massiccio del Monte Disgrazia, avvalendosi a volte di guide come Dell’Andrino, Cesare Folatti, Livio e Oreste Lenatti o di compagni più giovani come suo figlio Nello, Peppo Perego o Luigi Bombardieri.

Impressionante è il suo curriculum di scalate che, anche in età più avanzata, lo videro protagonista di importanti imprese in altri gruppi montuosi delle Alpi. Appare altrettanto stupefacente la sua iperattività in ogni campo, dall’insegnamento universitario alla ricerca scientifica, dalla pratica dell’alpinismo alla stesura di impareggiabili guide alpinistiche che, ancor oggi, come è detto sopra, sono una pietra miliare in questo genere di opere.

In un periodo storico in cui l’alpinismo stava avviandosi verso una sportivizzazione sempre più marcata, con la realizzazione di imprese sempre più difficili sotto il profilo tecnico, l’opera di Alfredo Corti fra le cime si mantenne sempre fedele agli aspetti più nobili di questa attività. In lui, le figure dello scienziato, dell’uomo e dell’alpinista si fondevano in un’unica entità che cercava di indagare a 360 gradi i misteri di quell’ostile mondo di pietra e di ghiaccio, compresi quelli più sottili, ma non meno importanti, della spiritualità e della psiche. Ogni atletismo, ogni funambolismo erano il più possibile evitati, anche se, per compiere scalate come la Nord del Disgrazia o la parete Sud dello Scerscen, occorreva sicuramente un fisco instancabile e ben dotato di nervi e muscoli. Ripresa l’attività alpinistica, nel 1949 con l’amico Aldo Grassotti, salì, in prima assoluta, l’elegante sperone della parete Nord-ovest dell’Adamello. Lo troviamo, infine, a settant’anni suonati, a compiere la traversata del Cervino, con la guida Luigi Carrel.

Non limitandosi alle Alpi Centrali, salì qualche vetta delle Alpi Apuane, parecchie delle Marittime, il Monviso per il canalone Nord; traversò il Visolotto e il Vallanta; frequentò la Val di Susa; salì quasi tutte le montagne del Gran Paradiso, parecchie del M. Bianco e del Vallese.

Dal dopoguerra fino al 1960, fu presidente del Gruppo Occidentale del C.A.A.I. (Club Alpino Accademico Italiano) che organizzò la riuscita spedizione alle Ande Peruviane, conseguendo la prima ascensione del Ranrapalca (6100 m).

Nonostante le numerosissime imprese alpinistiche, Alfredo Corti non fu né un cacciatore di «prime» né un collezionista di vette. Uomo di antico stampo e scienziato di professione, il suo scopo era lo studio e la migliore conoscenza della montagna, per cui, spesso, preferì salire nuovamente montagne già note, per chiarire dubbi anche piccoli o problemi, piuttosto che cercarne altre più celebri.

Rapporti col Club Alpino Italiano

Il rapporto con il CAI Valtellinese, fu sempre ottimo e improntato alla collaborazione, anche se non assunse cariche direttive, data la lontananza della sua residenza abituale. Esempio chiarificatore di questo rapporto è la costruzione della Capanna Marco e Rosa nel 1913.

Nel 1942, a causa delle sue idee antifasciste, Corti fu mandato al confino a Sala Consilina, in Campania, privato della cattedra universitaria e dello stipendio ed espulso dal CAI. Alla caduta di Mussolini, nel 1943, fu liberato e riparò in Francia. Tornò quindi a Torino e si unì alla resistenza nella difesa della Valle di Cogne, fino al termine del conflitto. Subito dopo la guerra, si interessò del riordino della biblioteca della Sezione di Torino e di quella Centrale, del Club Alpino, completando collezioni e recuperando opere di valore. A fianco di Mario Piacenza collaborò alla direzione del Museo della Montagna (1950/1956) e, dopo la morte del Piacenza, lo diresse fino al 1961.

La passione del Corti per le montagne e per la loro descrizione non poteva tralasciare anche il pionieristico campo della fotografia alpina. Sull’esempio di Vittorio Sella, il grande alpinista valtellinese iniziò a fotografare, portandosi appresso, con grande fatica, un apparecchio di legno a lastre (13x18), anche in stereoscopia. Con l’evolversi della tecnologia, negli anni successivi, i pesi e le dimensioni delle fotocamere diminuirono, ma non la qualità stilistica delle immagini. Non può sfuggire all’osservatore che, pur bellissime, foto di vette e panoramiche non furono fatte da Corti con intenti artistici, ma solo con il mero scopo di dare una descrizione quanto più precisa possibile di un territorio. Al Centro di Fotografia Alpina Sella di Biella donò, in proprietà, parecchie centinaia di negativi in grande formato. In questo sito si possono ammirare, nella quasi totalità, le fotografie da lui scattate che si sono potute riportare alla qualità originale.

Come si può vedere, in questo sito, la ducumentazione è vastissima, anche se prevale quella relativa alle montagne, e rappresenta una testimonianza rara anche dal punto di vista paesaggistico, e gliaciologico in particolare, tanto da diventare un punto di riferimento per studi scientifici e comparazioni che permettono di conoscere e valutare l’evoluzione del paesaggio montano.

Elenco sommario, rappresentativo delle sue principali ascensioni: 

Gruppo del Bernina:

Pizzo Bernina: prima salita per la parete SO dell’anticima (1920); Piz Roseg: prima per la parete O (1938) e prima per la cresta SE del Piccolo Roseg (1940); Cresta Güzza: prima per la parete Sud (due vie: 1919 e 1932); Pizzo d’Argient: prima sulla parete S (1906) e prima sulla parete O per la Cresta NNO (1920); Pizzo Zupò: prima sulla parete S (1906); speciale menzione per il M. Rosso Scerscen, sul quale il Corti aprì l’itinerario di roccia più severo del gruppo, salendo la grande parete italiana alla vetta estrema (1928); nel 1940, con figlio Nello, che aveva ripetuto quell’itinerario paterno, apriva la diretta sulla parete italiana della punta occidentale: il Cappuccio di Neve.

Gruppo del Disgrazia:

Prima salita della cresta ENE del Pizzo Ventina. Parete Nord del Disgrazia.

Gruppo dell’Ortles:

Nel 1901 e 1902, le prime visite ripetute più volte. Dopo la guerra, col figlio Nello, vi compì un’impresa della quale mai scrisse e che dà un senso di completezza al suo alpinismo: la traversata di tutte le creste spartivalli, dal Passo dello Stelvio al Passo Gavia; una trentina di vette, da infilare in cinque giornate, sempre sulla cresta, ben sopra i 3000 metri: compreso l’Ortles, fuori linea, i due Marlet (il Marlengrat dei tedeschi) non di estrema difficoltà, ma di grandiosa serietà, rientrando nel bacino dell’Adda, scendendo dal Giogo Alto.

Gruppo dell’Adamello:

Prima salita dello sperone della parete NO dell’Adamello.

Pizzo Cervino:

Al 70°compleanno, traversava il Cervino per le creste del Leone e di Zmutt e dopo saliva l'Innominata e lo sdrucciolo della Tour Ronde con la guida Luigi Carrel.

Gruppo dei Painale:

Una vetta è stata battezzata con il suo nome da due celebrità mondiali dell’alpinismo come Coolidge e Strutt.

Alpi Orobie:

Gli alpinisti hanno chiamato «Cresta Corti» la maggiore, l'occidentale, della Punta di Scais (toponimo registrato sulle carte dell'I.G.M.). Nel 1930 la Sezione Valtellinese del CAI dava il nome del Corti al bivacco costruito in Val d'Arigna.

Alpi Marittime:

Monviso per il Canalone Nord e traversata del Visolotto e del Vallanta.

Gran Paradiso:

Quasi tutte le cime.

Val di Susa - Monte Bianco - Vallese - Alpi Apuane:

Parecchie cime.

Ande Peruviane:

Monte Ranrapalca (6100 m).

Alcuni commenti sulla sua figura:

Suo figlio Linneo Nello, riordinando l’incomparabile materiale fotografico del papà, lo ricorda con queste parole che sono la sintesi del suo vero amore per la montagna: “Andava in montagna per trovarsi tra cielo e terra, al limite dell’universo più vasto, perché avvertiva il fascino di assistere, da luoghi privilegiati, ai consueti fenomeni naturali, quale l’apparire del giorno, l’invasione delle luce e del calore sulla terra, l’urlo del vento e delle tempeste, e poi anche perché lo divertiva cimentarsi su di una bella cresta o lungo un pendio ghiacciato, a riprova della propria abilità, Ma, da buon scienziato naturalista, gli piaceva spiegarsi l’orogenesi alpina, le cause delle stratificazioni delle rocce, il perché della via ultima di fiori ed insetti sulle più alte cime”.

 Massimo Mila così lo ha ricordato : “Anche se la disciplina del suo insegnamento universitario era l’anatomia comparata, in realtà nessuna tra le scienze della terra gli era estranea. La comparazione era la sua facoltà, ma per lui l’anatomia non si limitava soltanto agli organi dell’uomo, ma si estendeva a tutto ciò che esiste sul pianeta. Per lui tutto viveva: viveva l’albero, il bosco, il filo d’erba, vivevano le pietre, viveva il ghiacciaio, muovendosi, strisciando, allargandosi e comprimendosi. Positivista, non materialista, Alfredo Corti era a modo suo un credente, cioè un uomo con una fede. Il suo era uno spontaneo panteismo della natura, esteso senza limiti nell’universo, dal palpito delle stelle al più misero bruco; ma la montagna ne era il tempio privilegiato.” Di lui Mario Benazzi, suo allievo affezionato, scrisse: “ Fu uomo vivace, aperto alle più varie sollecitazioni della via, della storia, della natura, del sapere”.

A cura di Guido Combi (GISM) e Giuseppe “Popi” Miotti (GISM)



Biografia:


       
         Raffaele Occhi
Alfredo Corti. Dall'alpinismo alla lotta partigiana, Beno Editore, Sondrio 2018



Bibliografia d'approfondimento:

  • Antonio Boscacci, Montagne Valtellinesi 1900-1940 Archivio Alfredo Corti
  • Antonio Boscacci - Guido Combi, La Capanna Marco e Rosa De Marchi - Agostino Rocca al Bernina Ed. CAI Valtellinese 2013
  • G. Miotti- G.Combi- G.L. Maspes, Dal Corno Stella al K2 e oltre. Storia dell’alpinismo valtellinese Ed. CAI Valtellinese 1996
  • G. Miotti, La Capanna Marco e Rosa- Rocca al Bernina ed. CAI Valtellinese 2013



La tomba dei Corti al cimitero degli Inglesi a Roma (foto Paolo Camanni)
 
La tomba dei Corti al cimitero degli Inglesi a Roma (foto Paolo Camanni)

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